Michele Bonan

Architetto Bonan, che tipo di progettista è?
“Mi vedo un po’ come un regista. Ogni progetto è un nuovo film: è come un grande puzzle, il mio lavoro rappresenta il 50% dei tasselli”.

E il restante cinquanta?
“Tutto il resto, a cominciare dal servizio”.

Cosa ritiene fondamentale in un progettista?
“Il bagaglio culturale. Conoscere la storia, le epoche, i gusti, gli stili, i momenti dell’architettura. Questo è essenziale per poterli rielaborare in modo originale. Non dimentichiamocelo: il passato ci appartiene”.

Qual è la sua immagine del passato Architetto Bonan?
“Lo vedo come una “Wunderkammern”, una sorta di camera delle meraviglie zeppa di suggestioni che sta a noi rileggere e reinterpretare”.

Lei opera a Firenze, una città che quotidianamente le ricorda tutto questo…
“Una città che non abbandonerei mai, perché è una fucina di idee straordinaria. Ancora oggi vi operano artigiani che mi lasciano a bocca aperta, in tutti i settori: dall’arredo all’abbigliamento. Non saprei pensarmi fuori da Firenze, e quando sono lontano so che devo ritornare qui”.

Sì ma…qual è il suo “stile”?
“Bella domanda…diciamo che spero di avere stile, ma non ho “uno” stile!”

Lei Architetto Bonan progetta in tutto il mondo: c’è un progetto per il quale si è sentito particolarmente vicino allo spirito dell’albergatore?
“Questo è sempre successo. Non prendo mai un lavoro se non c’è un feeling particolare con la gestione. Non si parte nemmeno senza questo presupposto”.

Ci fa degli esempi?
“Innanzitutto chi progetta un hotel deve rendersi conto di lavorare per una committenza. Io ho avuto la fortuna di lavorare con committenze di prestigio, come Ferragamo. In questo caso, volevo che il dna Ferragamo emergesse, e non fare il monumento di me stesso. Nel caso del Cipriani Resort di Miami l’operazione stilistica è stata facile. Il nome Cipriani rimanda subito al mitico Harris Bar di Venezia che per me rappresenta un’icona di stile.”.

C’è un albergo che più di ogni altro la rappresenta?
“Il mio personale gioiellino è l’Heidelberg Suite a Heidelberg, in Germania, la città di mia moglie, dove sono nati i miei tre figli Blu, Sky, Kim. E’ un albergo di nostra proprietà, è speciale, difficile descriverlo a parole: ci rappresenta in tutto e per tutto”.

Come vive l’innovazione?
“Si deve captare ma non vedere. Bisogna poi stare attenti alle apparenze. A volte l’innovazione sbandierata è un regresso, non un progresso. Io posso fare anche un albergo classico e innovare al tempo stesso”.

E come ci riesce?
“Mescolando suggestioni, tendenze e stili con armonia, coerenza e ironia”.

Ironia?
“Bisogna sempre saper giocare, senza prendersi troppo sul serio. Credo proprio che coerenza e ironia siano le chiavi del mio successo come progettista. Insieme alla armonia, che consiste nel mettere insieme tutto in modo equilibrato”.

Il progetto ha un’anima?
“Decisamente sì, e viene percepita. Oggi fare un albergo carino è facile, il difficile è renderlo speciale. Chi copia non coglie l’anima del progetto, queste operazioni di plagio mancano…come dire…di energia. E quando qualcuno, indignato, viene a dirmi di aver visto qua e là nel mondo un’imitazione di un mio lavoro, io non mi inquieto più di tanto. Proprio perché l’anima di un lavoro non è riproducibile: si può copiare ma non metabolizzare un progetto. La classica bella donna senz’anima può essere ammirata da tutti ma in fondo non piacere a nessuno”.

Cosa deve trovare un cliente quando entra in una sua camera?
“Qui la risposta è semplice: sentirsi a proprio agio”.

E quando ne esce?
“Anche qui è facile: che ne conservi una memoria positiva”.

Semplice in apparenza: quali sono gli elementi del progetto che fanno stare bene un cliente?
“E’ un insieme di cose: colori, materiali, luci, temperatura…tutti elementi che, se ben calibrati, ti fanno sentire a tuo agio”.

E lei Architetto Bonan, cosa apprezza in un albergo quando viaggia?
“Su questo punto sono chiaro: la coerenza. E’ importante che ci sia coerenza nelle cose. Mi irrita ad esempio lo stridere fra un aspetto in apparenza bello e un servizio scadente. Anche qui ci vuole coerenza…”.

Casa e albergo sono due mondi vicini?
“Diciamoci la verità: il sogno di tutti è vivere in albergo come in casa e vivere in casa come in albergo…più vicini di così?”.

Come vede l’area wellness in un hotel Architetto Bonan?
“E’ importante eppure ancora troppo spesso sottovalutata. Quante volte si vede una spa o una palestra infilate nelle zone più disgraziate. Questo è un errore, la zona dedicata al benessere merita valorizzazione, altrimenti è inutile. Altra cosa importante: l’area wellness deve essere parte del progetto globale, nascere con esso ed essere, ripeto, valorizzata”.

Ricorda un esempio in particolare?
“Quando ho realizzato il JK Place di Capri, destinato come è immaginabile a una clientela privilegiata, potevo mettere l’area benessere in un angolino?”

Certo, a Capri è facile. E quando il luogo non aiuta?
“Guardi il JK Place di Firenze, pur essendo in questa città meravigliosa non godeva di una posizione felicissima. Eppure è diventato famoso nel mondo. Venti camere, una più esclusiva dell’altra”.

Qual è stato il segreto?
“Lo studio del dettaglio, del particolare. Il mio puzzle è composto di tasselli tutti importanti e va seguito affinchè sia completato”.

Ma un albergo è anche un’azienda, che deve produrre e funzionare bene. Ne tiene conto in fase di progettazione?
“E come no? Io parto ancor prima, col metaprogetto, a torchiare il mio committente. Voglio sapere tutto, fin nei particolari all’apparenza più banali. Dal percorso delle signore dell’housekeeping al numero di drink che vanno serviti. Se non so tutto, non parto nemmeno, devo avere davanti ogni informazione sull’albergo, e sono ben chiaro con la proprietà”.

Ha un colore preferito, che la rappresenta?
“Io sono blu. E’ il mio colore, abbiamo voluto chiamare così anche la nostra prima  figlia, ma specialmente in una camera i colori devono essere “onesti”, non nascondere né camuffare nulla”.

Cioè?
I miei primi alberghi li ho realizzati per Ferragamo, ne ho parlato spesso con Wanda Ferragamo, la moglie di Salvatore, signora fantastica dotata di grande sensibilità con la quale mi sono trovato subito d’accordo. Ho eliminato subito i colori che camuffassero lo sporco, optando per letti bianchi e panna, rigorosamente pulitissimi”.

L’igiene è importante Architetto Bonan
“E’ la base del bello e del brutto. Lei prima mi chiedeva della casa privata. Ma si immagina di far dormire a casa propria, notte dopo notte, migliaia di persone differenti. A pensarci fa impressione, eppure è quanto avviene di norma in albergo. Ora, il pulito non le sembra importante? E non le sembra un po’ poco elegante utilizzare colori o accorgimenti che impediscano al cliente di cogliere le reali condizioni di pulizia dell’ambiente in cui devono soggiornare?”

Concordo! E le luci?
“Decisamente importanti, soprattutto nel bagno. Se si sbaglia la posizione delle luci si ottengono effetti disastrosi sulla percezione del cliente.
Le narro un aneddoto che riguarda addirittura Marlene Dietrich, l’indimenticata star tedesca. Dicono che prima di entrare in qualsiasi hotel faceva fare una ricognizione a un tecnico delle luci per capire come si sarebbe vista allo specchio. Quindi si comportava di conseguenza”.

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